Il Teatro non è streaming.

Posted on 19 Aprile 2020Commenti disabilitati su Il Teatro non è streaming.

L’affermazione più pericolosa e decisamente più subdola nei confronti dell’arte del teatro è quella che esso possa sopravvivere nel futuro in una possibile riproduzione digitale, attraverso i social o le media Tv, sotto la forma di quel flusso di segnali comunemente chiamato streaming. Stupisce vieppiù l’agnostica accettazione di chi di teatro si occupa, o si dovrebbe occupare, trovando in questa franksteiniana metodologia una scoperta degna dell’illuminato Terzo Millennio.

Le legioni del pressapochismo e del luogo comune sono ormai nutrite, si sa, ma arrivare a negare l’ovvio è qualcosa che sinceramente mette in allarme sulla ormai affievolita capacità di percezione concreta della realtà, quella vera intendo, non quella virtuale (che ha indubbiamente anche i suoi pregi!).

Il principio di chi parla di teatro all’interno del concetto di riproduzione in streaming è pressappoco questo: visto che in tempi come questi la ripresa del teatro come spettacolo dal vivo rimane inibita, vediamolo sul web attraverso una riproduzione digitale, che è simulacro appannato e devitalizzato dello spettacolo originale, ma appaga la coscienza sociale di avere fornito un servizio. Come dire, visto che non posso più incontrarti, caro amico o cara amica, amante, figlio, padre, madre ecc., parlerò e ti amerò attraverso una foto o meglio ancora attraverso un video di te.

Ma questi signori Burioni della Cultura e del Teatro si sono mai chiesti che esperienza insostituibile di vita sia fare ed assistere ad uno spettacolo dal vivo? Questi Ministri preposti alla cura dei nostri Beni Culturali materiali e immateriali hanno mai provato a farsi una domanda semplice quanto la natura della vita stessa?

Non c’è bisogno di scomodare Pirandello per affermare insieme a lui che “Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventar madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può bastare. Un bel giorno ella si troverà a esser madre, senza un preciso avvertimento di quando sia stato. Così un artista, vivendo, accoglie in sé tanti germi della vita, e non può mai dire come e perché, a un certo momento, uno di questi germi vitali gli si inserisca nella fantasia per divenire anch’esso una creatura viva in un piano di vita superiore alla volubile esistenza quotidiana.

Il Teatro è un atto di vita, immanente ed effimero, che esiste ed ha sostanza solo nel suo consumarsi qui ed ora davanti ad uno o mille spettatori che esistono nel “qui”(hic) e nell’ “ora”(nunc) dell’attore.  

Lo spettatore quel giorno che ha deciso di entrare in una sala buia e lasciarsi contagiare(sic!) da un attore in carne ed ossa, vivente e contemporaneo, per addentrarsi nell’infinito labirinto delle emozioni, lo fa perché sa che quella esperienza sarà fra un ora o domani irripetibile rispetto a come lo è stata in quel momento.  E paga un biglietto volentieri per quella realtà vissuta che non è il cinema (che è altro!), né il teatro in Tv (che è altro!), né un museo (che è altro!), né un concerto (che è altro!), né tantomeno lo streaming: che non solo non è altro, rispetto al teatro, ma che in tutta sincerità non è niente. Forse solo onanismo necrofilo, a volere essere buoni.

Ed ha anche il diritto di ribellarsi il pubblico se quei soldi, quella sera, non sono stati spesi bene, perché quell’attore o quella compagnia o quel regista e i suoi collaboratori, sono stati avari lesinando emozioni travestite da sterile calligrafia artistica.

Allora si, il teatro in streaming è affermazione pericolosa perché introduce un principio di assuefazione al nulla, all’inedia creativa ed esperienziale, all’assenza di confronto con una vita, finta sul palco, si, ma parallelamente vera, non solo per questo momento, ma anche per il futuro.

E per quanto apparentemente innocua possa sembrare ai più, deve invece allarmare e preoccupare che nella terra di Pirandello e di Eschilo (morì a Gela!) si possano accettare affermazioni di questo tipo.

Io preferisco continuare a gridare l’urlo di Prometeo ad Oceano mentre l’aquila gli rodeva il fegato: derkou théama! Guarda questo spettacolo!, aggiungendo, dal vivo!  

@Giuseppe Dipasquale